Energia pulita al palo. Le semplificazioni burocratiche non partono e per le imprese arriva pure una tassa Pitea (Aceper): «Dobbiamo restituire 10 anni di incentivi, 7mila aziende a rischio»
Si potrebbe pensare che in una situazione di emergenza come quella attuale lo Stato incentivi i produttori di energia da fonti rinnovabili. Purtroppo non è così. Le semplificazioni introdotte dal decreto energia sono ancora sulla carta. E il risultato è che in Italia continua a essere (quasi) impossibile aprire nuovi impianti. Un esempio su tutti: tra il 2017 e il 2021 per l’eolico sono stati autorizzati soltanto 0,64 gigawatt (Gw) a fronte di richieste per progetti pari a 20 Gw. «Per installare un impianto fotovoltaico sono necessari ancora undici passaggi amministrativi» dichiara Veronica Pitea, presidente di Aceper, l’associazione di produttori e consumatori di energia rinnovabile.
Ma il vero problema è un altro: a dicembre del 2021 lo Stato ha chiesto indietro gli incentivi che sono stati erogati al settore negli ultimi dieci anni. La decisione rischia di travolgere 7mila imprese che impiegano 100mila dipendenti.
«Un nostro associato deve restituire 4,7 milioni di euro» prosegue Pitea, «è assurdo che lo Stato intervenga in modo così brutale e illegittimo nei confronti degli imprenditori». La storia del contenzioso inizia nel 2017, quando il Gestore dei servizi energetici (Gse), pubblica sul suo sito una notizia nella quale stabilisce che il credito di imposta al 20% previsto dalla “Tremonti ambiente” è incompatibile con gli incentivi dei conti energia e va quindi restituito. Alcuni produttori fanno ricorso al Tar e vincono, altri, invece, pagano. Poi, nel 2019 la legge di bilancio consente allo Stato di chiedere indietro le somme. Nuovo ricorso e nuova vittoria.
Scarica l’articolo di Libero Economia del 22/05/2022
“Fonte Libero Economia”