Il futuro è già qui: il peso della transizione ecologica in Next Generation Italia
Una partita tutta da giocare e da giocare bene per rendere l’Italia un Paese più sostenibile e inclusivo, che viaggi sulle basi di un’economia più avanzata e dinamica e ovviamente più green. Il Next Generation Italia è la nostra grande occasione per un cambiamento epocale. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNR, che punta sulla transizione ecologica (oltre cento miliardi di risorse destinate su un totale complessivo di 223), determinerà lo sviluppo dei prossimi dieci anni ma, appunto, le carte si distribuiscono ora e il futuro è già qui. Siamo in una fase cruciale, quella dell’elaborazione del documento con cui l’Italia partecipa a Next Generation Europa, un piano finanziato con 750 miliardi di euro (di cui ben 209 circa destinati all’Italia) con l’obiettivo di imprimere una svolta al nostro continente e renderlo finalmente protagonista sulla scena globale. Nella consapevolezza che, mentre ancora affrontiamo la pandemia che ha sconvolto buona parte del pianeta, non c’è un mondo di ieri a cui tornare ma un mondo di domani che deve nascer al più presto.
Sono gli ultimi giorni, questi, prima della presentazione formale dei vari Piani nazionali alla Commissione europea. Il Consiglio dei Ministri italiano ha varato nel gennaio scorso la proposta di Piano che ha costituito la base di discussione per il confronto con il Parlamento, le istituzioni regionali e locali, le forze economiche e sociali, il Terzo Settore e le reti di cittadinanza. Siamo quindi alle battute finali prima dell’adozione definitiva della proposta.
“E’ davvero un momento storico irripetibile che abbiamo il dovere di sfruttare al meglio e volgere a nostro favore e a favore delle generazioni future – commenta il presidente ACEPER Veronica Pitea – Sentiamo anche noi la responsabilità, come rappresentanti di un settore che gioca un ruolo decisivo. Il documento che sarà presentato è stato elaborato sulla base di linee progettuali, priorità e una strategia su tre assi, di cui uno è proprio quella transizione ecologica diventata finalmente un dato acquisito e condizione imprescindibile per qualsiasi idea di sviluppo futuro. In questo senso abbiamo naturalmente accolto con grande soddisfazione la creazione di un Ministero specifico da parte di Mario Draghi e guardiamo con estrema fiducia a Vittorio Colao, che proprio a questo Piano ha lavorato fin dalla primavera del 2020, come coordinatore del Comitato di esperti incaricato dal precedente Governo. E che a rivoluzione verde e transizione ecologica sia affidato il nostro futuro lo dicono anche i numeri: la spesa per gli interventi previsti ammonta a 68,09 miliardi di euro, a cui si aggiungono 31,96 miliardi per la mobilità sostenibile per un totale che arriva a quasi la metà delle risorse complessive. Ci sono tutte le premesse, insieme a un’enorme responsabilità, perché l’Italia possa arrivare pronta alle sfide che la attendono e con un Piano forte, capace di fare la differenza in Italia e in Europa”. Perché, appunto, lo stanziamento per l’Italia (208,643 miliardi di euro) rappresenta il 27,3 per cento del totale, e occorre più che mai avere le idee chiare. “Anche perché – sottolinea in conclusione il Presidente Pitea – sono risorse ingenti che, per la prima volta nella storia, hanno la caratteristica di essere un debito aperto da parte di tutti i Paes dell’Unione Europea e qualsiasi mossa sbagliata implicherebbe delle conseguenze non indifferenti per l’intero sistema”.
La Resilienza e la Ripresa del Piano si fonda dunque su una strategia in tre assi – digitalizzazione e innovazione; transizione ecologica; inclusione sociale – e si articola in 6 missioni.
Digitalizzazione e transizione sono la premessa e l’accompagnamento della transizione ecologica, secondo asse strategico e alla base del nuovo modello economico e sociale di sviluppo su scala globale, in linea con l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite; e, ancora, la crescita inclusiva e la coesione sociale e territoriale, pilastri fondamentali del Piano accanto alla transizione verde e digitale.
La transizione ecologica
Per avviarla sarà necessario, in primo luogo, ridurre drasticamente le emissioni di gas clima-alteranti in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e del Green Deal europeo; in secondo luogo occorre migliorare l’efficienza energetica e nell’uso delle materie prime delle filiere produttive, degli insediamenti civili e degli edifici pubblici e la qualità dell’aria nei centri urbani e delle acque interne e marine.
Gli interventi per la prevenzione e il contrasto al dissesto del territorio e una gestione efficace e integrata del ciclo dei rifiuti costituiranno, assieme a una gestione sostenibile del patrimonio agricolo e forestale, un potente mezzo con cui la transizione verde potrà migliorare la qualità e la sicurezza di ampie aree territoriali e urbane del Paese.
La riconversione ecologica può e deve rappresentare anche un terreno di nuova competitività per molta parte del nostro sistema produttivo. Servono grandi investimenti per indirizzare le filiere industriali dell’energia, dei trasporti, della siderurgia, della meccanica e della manifattura in generale verso prodotti e processi produttivi efficienti riducendo gli impatti ambientali in misura importante, in linea con i più ambiziosi traguardi internazionali in materia, così come sono necessari investimenti nell’agricoltura sostenibile e di precisione, e nell’economia circolare, a partire dal Mezzogiorno, permettendo di conseguire una maggiore armonia con la natura, pur nel contesto di una società a forte vocazione industriale. Gli investimenti sull’Economia Circolare intervengono su un processo volto a produrre materie prime secondarie da materiali di scarto per rendere l’Italia meno dipendente dall’approvvigionamento di materie prime e conseguentemente più forte e competitiva sui mercati internazionali. A tal fine, gioca un ruolo strategico il sistema agricolo e forestale che, tramite il presidio e la gestione sostenibile del territorio nazionale, è in grado di assorbire una significativa quota delle emissioni di gas clima alteranti del sistema Paese, come evidenziato dall’European Green Deal.
Si dovrà inoltre investire nella “bellezza” del Paese, anche per consolidare la capacità di attrazione di flussi turistici e le potenzialità dell’enorme patrimonio storico, culturale e naturale.
Nella nuova versione del Piano, il significativo aumento di risorse relative alla cultura e al turismo non corrisponde solo all’esigenza di sostenere gli ambiti più colpiti dagli effetti del Covid-19, al fine di recuperare il potenziale di crescita. NGEU non è solo un progetto economico e ambientale. È un progetto culturale europeo che qualifica gli obiettivi di sostenibilità dello sviluppo. L’investimento strategico in tutta la catena del valore della cultura e del turismo, è essenziale per diffondere lo sviluppo sostenibile a livello territoriale, per realizzare l’inclusione sociale e offrire ai giovani attraverso le industrie culturali e creative e l’attività sportiva e per accompagnare il risanamento delle aree urbane e la ripresa delle aree interne. A ciò concorrono una gestione efficace delle aree verdi, anche in termini di una maggiore diffusione delle stesse sul territorio urbano e periurbano, nonché corposi interventi di rimboschimento e azioni per invertire il declino della biodiversità e il degrado del territorio, prendendo ad esempio il patrimonio verde costituito dai parchi naturali.
Le 6 missioni in cui si articola il Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura (46,18 miliardi di risorse); riqualificazione verde e transizione ecologica (68,90 miliardi); infrastrutture per una mobilità sostenibile (31,98 miliardi); istruzione e ricerca (28,49 miliardi); inclusione e coesione (27,62 miliardi); salute (19,72 miliardi).
Missione rivoluzione verde e transizione ecologica
La missione si struttura in quattro componenti ed è volta a realizzare la transizione verde ed ecologica della società e dell’economia italiana coerentemente con il Green Deal europeo e il PNIEC.
La prima componente, “Agricoltura Sostenibile ed Economia Circolare”, punta da un lato a conseguire una filiera agroalimentare sostenibile, migliorando la logistica e competitività delle aziende agricole e le loro prestazioni climatico-ambientali, dall’altro allo sviluppo di impianti di produzione di materie prime secondarie e all’ammodernamento e alla realizzazione di nuovi impianti, in particolare nelle grandi aree metropolitane del Centro e Sud Italia, per la valorizzazione dei rifiuti in linea col Piano d’azione europeo per l’economia circolare. La strategia sull’economia circolare è finalizzata a ridurre l’uso delle materie prime naturali, di cui il pianeta si va progressivamente impoverendo, utilizzando “materie prime secondarie”, prodotte da scarti/residui/rifiuti. Per incrementare il tasso di circolarità in Italia vengono proposti interventi per la realizzazione di impianti di trasformazione dei rifiuti finalizzata al loro recupero, partendo in particolare dai rifiuti da raccolta differenziata. La strategia sull’economia circolare interviene su un processo lungo e complesso. Per potenziare gli interventi verrà costituito un fondo operativo per far leva sulle risorse del PNRR destinato a favorire lo sviluppo dell’economia circolare.
La seconda componente, “Energia rinnovabile, idrogeno e mobilità sostenibile”, ha come obiettivo l’aumento della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e lo sviluppo di una filiera industriale in questo ambito, inclusa quella dell’idrogeno. Un contributo rilevante verrà dai parchi eolici e fotovoltaici offshore. Nell’industria siderurgica primaria, l’idrogeno rappresenta in prospettiva un’alternativa al gas naturale per la produzione di Ferro Ridotto Diretto (DRI). In linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni, è previsto un investimento per lo sviluppo del DRI connesso al progetto di decarbonizzazione dell’ex ILVA a Taranto e alla transizione per la produzione di acciaio verde in Italia. Una specifica linea di azione è rivolta allo sviluppo della mobilità sostenibile attraverso il potenziamento delle infrastrutture per il trasporto rapido di massa e delle ciclovie e a un imponente rinnovamento del parco circolante di mezzi per il trasporto pubblico locale. Enti locali e regioni saranno un attore fondamentale nella definizione e implementazione di questa linea di azione. La distribuzione territoriale degli investimenti di questa componente dedicherà una quota significativa di risorse, superiore al 34%, al Mezzogiorno.
La terza componente “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici” punta all’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico e privato con contestuale messa in sicurezza e digitalizzazione delle strutture. Priorità sarà data alle scuole, agli ospedali e alle case di edilizia popolare.
La quarta componente, “Tutela del territorio e della risorsa idrica”, prevede rilevanti interventi sul dissesto idrogeologico, sulla forestazione e tutela dei boschi, sugli invasi e la gestione sostenibile delle risorse idriche e sulle infrastrutture verdi urbane.
Missione infrastrutture per una mobilità sostenibile
La missione è divisa in due componenti e si pone l’obiettivo di realizzazione un sistema infrastrutturale di mobilità moderno, digitalizzato e sostenibile dal punto di vista ambientale.
La prima componente, “Alta velocità di rete e manutenzione stradale 4.0”, si focalizza sulle grandi linee di comunicazione del Paese, innanzitutto quelle ferroviarie, in un’ottica di mobilità rapida, sostenibile e tecnologicamente avanzata. Accanto a un consistente intervento sulla rete ferroviaria, potenziato nel Mezzogiorno grazie al supporto dei fondi FSC, sono previsti alcuni investimenti per la messa in sicurezza e il monitoraggio digitale di viadotti e ponti stradali nelle aree del territorio che presentano maggiori criticità.
La seconda componente, “Intermodalità e logistica integrata”, prevede un programma nazionale di investimenti per un sistema portuale competitivo e sostenibile dal punto di vista ambientale per sviluppare i traffici collegati alle grandi linee di comunicazione europee e valorizzare il ruolo dei Porti del Sud Italia nei trasporti infra-mediterranei e per il turismo.
(FONTE Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – #NEXTGENERATIONITALIA – Approvato dal Consiglio dei Ministri del 12 gennaio 2021)
VERONICA PITEA | Presidente ACEPER
Dopo gli studi classici in Romania, ha completato la sua formazione all’università di Oxford. Dal 2007 si occupa di marketing strategico, volto al miglioramento della market share nei mercati europei dei prodotti di grandi multinazionali. Nel 2011 si trasferisce in Italia, dove nel 2012 apre la sua prima società di consulenza, mettendo a frutto l’esperienza maturata nella sua carriera per aiutare le PMI a rafforzare il proprio presidio commerciale in Italia e nel mondo. Nel frattempo continua il suo percorso di aggiornamento, focalizzandosi sulla crescita manageriale e personale. Da sempre molto sensibile al tema della sostenibilità ambientale, decide di impegnarsi in prima persona per far conoscere alla platea più ampia possibile le nuove opportunità offerte dall’efficienza energetica e dalla produzione di energie rinnovabili.
Confrontandosi con gli imprenditori, che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno competenze tecniche in materia di energia, si rende conto di quanto sia urgente semplificare gli aspetti normativi e tecnici. Da questa mission nasce l’associazione ACEPER, a dicembre 2014. Oggi è amministratrice di due aziende e presidente di ACEPER per il secondo mandato.