Un recente studio condotto da Rff-Cmcc European Institute on Economics and the Environment (Eiee), pubblicato sulla rivista One Earth, stima un’occupazione attuale nel settore energetico di circa 18 milioni di persone di cui 0.8 milioni nel nucleare, 12.6 milioni nei combustibili fossili (di cui 9.2 milioni nelle estrazioni di petrolio, carbone e gas) e 4.6 milioni nelle rinnovabili. Lo studio inoltre evidenzia come le dinamiche per raggiungere gli obiettivi previsti dall’accordo di Parigi, porterebbero a evidenziare un nuovo indice occupazionale derivante dall’energia pulita e inteso come un altro asso nella manica. Si prevedono infatti entro il 2050, 8 milioni di posti di lavoro.
La ricerca, che vuole analizzare i vari processi di trasformazione del lavoro nel ramo energetico, si è sviluppata analizzando i dati di 50 paesi dove i combustibili fossili hanno un ruolo di primaria importanza, includendo i due principali protagonisti come Cina e India.
Le tecnologie energetiche oggetto di ricerca sono 11, mentre le categorie di lavoro riguardano la produzione di carburante, la raffinazione, la costruzione, l’installazione, il funzionamento, la manutenzione.
Ciò che è emerso è uno scenario molto realistico, riferito ai nuovi impieghi dell’ambito energetico in concomitanza allo switch occupazionale derivante dalla chiusura o ridimensionamento degli stabilimenti di appartenenza al fossile e al nucleare.
In riferimento a questi due comparti, si profilerebbe una perdita di posti di lavoro pari all’80% con a favore il coefficiente di compensazione di crescita occupazionale orientato soprattutto nel solare e nell’eolico in riferimento al manifatturiero, in quanto, non essendo legato a vincoli geografici, contribuirebbe a mettere in competizione i vari paesi per ottenere l’esclusiva sugli impieghi.
Si stimano circa 7.7 milioni di posti di lavoro.
Se da un lato la Cina potrebbe subire un colpo irreversibile, Stati Uniti, Medio Oriente, India, Nord Africa, otterrebbero un ulteriore rilancio del settore energetico con conseguente aumento dei posti di lavoro.
Ed ecco che se al 2050 fossero rispettati gli obiettivi previsti riguardo al contenimento del riscaldamento globale al di sotto dei 2°C, i posti di lavoro sarebbero rimodulati per l’84% nel settore delle energie rinnovabili, per l’11% nel settore dei combustibili fossili e per il 5% nel settore del nucleare passando dagli attuali 18 milioni di posti di lavoro riferiti all’intero comparto energetico a un totale di 26 milioni.
I presupposti per raggiungere questi traguardi sono certamente rivolti all’attuazione di politiche di transizione equa da parte di tutti i paesi coinvolti, partendo dal presupposto che la direzione da mantenere in considerazione all’emergenza ambientale, deve essere verso un’indiscussa green economy a favore della gestione sostenibile delle risorse.