Fondazione Barilla: dieci anni di ricerca. Tra i punti su cui fare leva la riduzione dell’impronta idrica
Il cambiamento, per la Fondazione Barilla, va promosso con comportamenti sostenibili e scelte alimentari sane. Un cambiamento in cui l’agrifood, abbinato al consumo di acqua, gioca e potrà giocare un ruolo chiave per raggiungere l’obiettivo di un’agricoltura davvero sostenibile, sul terreno dell’innovazione tecnologica. Su questi, e altri, temi la Fondazione sta sviluppando campagne di formazione e sensibilizzazione mirate, pillole informative utili e comprensibili “per portare nelle nostre vite dieci anni di studi scientifici sulla relazione tra cibo, persone e pianeta”.
Fondazione Barilla è stata, infatti, “tra le prime realtà a studiare la sostenibilità economica, sociale e ambientale dei sistemi agro-alimentari. Negli ultimi dieci anni ha dato vita a ricerche multidisciplinari, dibattiti ed eventi internazionali che hanno coinvolto e sensibilizzato opinion maker, scienza e istituzioni diventando un punto di riferimento, a livello globale, per la transizione verso sistemi alimentari più sani e sostenibili”.
Tra gli studi più recenti c’è “L’Europa e il cibo. Garantire benefici sull’ambiente, sulla salute e sulla società per la transizione globale” (Fondazione Barilla, 2021) che analizza i sistemi alimentari degli Stati membri dell’Unione Europea e del Regno Unito, in termini di sfide nutrizionali, agricoltura, perdita e spreco alimentare, sulla base del Food Sustainability Index. Una delle dieci azioni “dal campo alla tavola” individuate è promuovere la digitalizzazione delle informazioni, incentivare l’utilizzo di soluzioni tecnologiche, digitali e geospaziali, garantendo l’accesso a tutti gli attori della filiera alimentare. Si tratta di investire in strumenti di raccolta e condivisione di dati più accessibili; creare reti di conoscenza per lo scambio di informazioni al fine di favorire scelte e soluzioni innovative più sostenibili da parte di agricoltori e produttori; garantire protezione e regolamentazione dei dati.
“Attualmente – rileva la ricerca di Fondazione Barilla –, l’agricoltura è sia causa sia vittima dei cambiamenti climatici. Le attività agricole rappresentano circa il 23% delle emissioni antropiche totali di gas serra. Se si tiene conto del sistema alimentare nel suo complesso, questa percentuale sale al 37% delle emissioni totali di gas serra. La sostenibilità agroalimentare è al centro dell’Agenda 2030. Promuovere una corretta alimentazione per una popolazione in costante crescita, in modo che la società possa fiorire e prosperare, ci impone di nutrire la terra, tutelare le risorse naturali e adottare un’agricoltura resiliente ai cambiamenti climatici. Ciò implica di scegliere un approccio integrato che presti contemporaneamente attenzione all’alimentazione, all’agricoltura, ai mezzi di sussistenza e alla gestione delle risorse naturali”.
Per promuovere un’agricoltura sostenibile e trasformare l’agricoltura da problema a soluzione, “è fondamentale favorire il coinvolgimento dei giovani in agricoltura, promuovere le strategie e le tecniche agricole rigenerative come l’agroforestazione e l’agricoltura biologica mediante l’integrazione di agroecologia, tecnologia e digitalizzazione, contrastare il divario digitale, rafforzare la resilienza delle comunità rurali e dei paesaggi agricoli e coinvolgere gli agricoltori. È necessario impegnarsi per aiutare gli agricoltori a diventare effettivi amministratori delle risorse naturali, degli ecosistemi e della biodiversità dell’UE, come pure per aumentare la partecipazione delle giovani generazioni.
Ricerca, innovazione e investimenti possono svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo di strategie, soluzioni e strumenti per sistemi alimentari più sostenibili, come le soluzioni basate sulla natura. La ricerca partecipativa, che coinvolge gli agricoltori, dovrebbe essere particolarmente incoraggiata”.
Per quanto riguarda, in particolare, il consumo di acqua, l’agricoltura è una delle attività che esercitano maggiori pressioni sulle risorse idriche in termini sia quantitativi sia qualitativi. Nell’UE, il consumo idrico in agricoltura va dallo 0,01% al 57,43% delle risorse rinnovabili nazionali di acqua dolce. Quasi tutti i paesi europei sono importatori netti di acqua incorporata nei prodotti agricoli, mentre i pochi esportatori netti soffrono di carenza idrica. A livello globale, l’agricoltura causa il 92% dell’impronta idrica dell’umanità.
Prendendo in considerazione l’impronta idrica delle produzioni nazionali, l’agricoltura nell’UE ne rappresenta in media il 90% (dal 53% del Belgio al 99% di Croazia e Lituania). La gestione sostenibile delle risorse idriche è fondamentale per attenuare la carenza idrica ed è al centro dell’SDG 6 (traguardo 6.4). Il consumo idrico in agricoltura rappresenta in media il 5% del totale delle risorse rinnovabili nazionali di acqua dolce e va dallo 0,01% della Croazia al 57,43% di Malta. I tre esportatori di acqua registrano tre delle quattro percentuali più alte (meglio solo di Malta), ovvero il 22,84% in Spagna, il 21,49% a Cipro e l’11,58% in Grecia. Queste cifre sottolineano che l’utilizzo di acqua in agricoltura per l’esportazione può esercitare pressione sulle risorse idriche nazionali in zone colpite da carenza idrica, come la regione del Mediterraneo.
Tratto dalla rivista Green Company Magazine (volume 10) – vedi anche tutti i numeri della rivista