Dal buco dell’ozono alle bollette: ma lo sviluppo verso le energie rinnovabili in Italia è ostacolato dalla burocrazia e dall’instabilità dei governi
Prezzi alle stelle, luce e gas sempre più cari, con ripercussioni pesanti per le aziende, gli edifici pubblici e le abitazioni. Eppure la soluzione ci sarebbe: “Il fotovoltaico avrebbe effetto immediato sulla riduzione delle bollette, abbattendo i costi dal 40 al 70%. Stimando una riduzione media dei costi del 50% (nella forbice dal 40 al 70%) si otterrebbe un risparmio totale per le famiglie italiane di circa 24 miliardi di euro”, spiega la presidente di ACEPER Veronica Pitea.
Ma c’è un però, anzi più di uno: “Dobbiamo risolvere problemi importanti come la produzione della materia prima necessaria per poter fare un lavoro importante, il reperimento della manodopera e le modalità di smaltimento a fine vita delle batterie e dei pannelli. Purtroppo la burocrazia ma soprattutto l’instabilità dei nostri governi rallentano le installazioni massicce di pannelli fotovoltaici e lo sviluppo verso il rinnovabile.
Tra decreto Salva Italia, Spalma Incentivi, Tremonti Ambiente, Extraprofitti, troppe volte chi investe si trova a dover far fronte a nuove spese, business plan da rivedere, perché lo Stato promette delle cose ma poi ad ogni cambio di governo quanto prospettato prima diventa una promessa infranta”. In merito poi alle nuove direttive per le “case green” la cui bozza è in discussione al Parlamento europeo e che, se introdotte, obbligheranno alla riconversione in classe E di tutti gli immobili residenziali entro il 2030, Pitea osserva: “Più del 60% delle nostre costruzioni sono in classe F / G, e lo step successivo sarebbe addirittura portare le stesse in classe D.
Per arrivare a questi livelli di efficientamento energetico ci dobbiamo immaginare un’Italia che cambia volto completamente. Diciamo che dovremmo immaginarci un 110% moltiplicato probabilmente per 1000. Ma abbiamo anche un altro problema: secondo l’Agenzia del Territorio ad oggi ci sono circa 2 milioni di case fantasma e più del 35% delle costruzioni registrate al catasto è stato realizzato non rispettando le norme”.
Saremo in grado di raggiungere gli obiettivi entro il 2030? “Sicuramente ci dobbiamo mettere in linea con le richieste che la Terra stessa ci fa – sottolinea Pitea – Ormai non è più una questione di regole imposte ma di necessità, di conseguenza in qualche modo bisognerà arrivarci”. E per questa transizione occorrerà mettere in campo una ingente forza lavoro: “basti pensare che a oggi con la richiesta che abbiamo sul reparto fotovoltaico mancano già circa 500.000 addetti del settore; in prospettiva probabilmente ne serviranno almeno altri 3 milioni tra operai, muratori, elettricisti, ingegneri, geometri, architetti, tecnici. E in tutte le regioni, nessuna esclusa”.
Fotovoltaico determinante anche nel processo di richiusura del buco dell’ozono previsto, secondo i dati dell’ultimo rapporto Onu, entro il 2040: “Il fotovoltaico – osserva Pitea – potrebbe accelerare questo cambiamento perché riduce le emissioni di CO2, una delle principali cause dell’apertura del buco dell’ozono. Per produrre un chilowattora elettrico vengono bruciati mediamente l’equivalente di 2,56 kWh sotto forma di combustibili fossili e di conseguenza emessi nell’aria circa 0,53 kg di anidride carbonica. Si può dire quindi che ogni kWh prodotto dal sistema fotovoltaico evita l’emissione di 0,53 kg di CO2. Se pensiamo che su 14 milioni di edifici (censiti) abbiamo poco più di 1 milione di impianti.
Tratto dalla rivista Green Company Magazine (volume 9) – vedi anche tutti i numeri della rivista