Quella di ACEPER è tra le diciannove storie di italiani capaci di distinguersi nel mondo nel nome dell’eccellenza e della sostenibilità che, il 14 ottobre scorso, hanno ricevuto alla Georgetown University di Washington DC il Premio Eccellenza Italiana 2023. Sono imprese, professionisti e associazioni che operano negli States o in Italia, accomunati dal merito, dalla competenza e da quei valori che rendono gli Italians un “modello che ci fa unici al mondo e superpotenza culturale”, come sottolinea Massimo Lucidi, giornalista e ideatore del prestigioso award assegnato dalla Fondazione E-Novation.
La presidente ACEPER Veronica Pitea, volata oltre oceano per partecipare alla cerimonia insieme al vicepresidente Simone Ruffinatto, manifesta tutta la sua soddisfazione: “Oltre all’onore di essere stati tra i pochi privilegiati che hanno ricevuto questo premio, abbiamo condiviso il palco con persone straordinarie, medici, scienziati, fisici, ricercatori, avvocati di successo, imprenditori. Siamo orgogliosi di ricevere questo riconoscimento per il lavoro che come ACEPER stiamo facendo da più di dieci anni, nel tentativo continuo di aiutare il Paese a diventare green, partendo dai produttori per arrivare ai consumatori, ovvero la mission della nostra Associazione. Un ringraziamento speciale va naturalmente a Massimo Lucidi”.
BELLO E COESIVO: IL MODELLO ITALIANO DI ECCELLENZA E SOSTENIBILITÀ
Massimo Lucidi
Tutto cominciò dall’ascolto delle periferie produttive del Bel Paese. Storie di umbri e marchigiani operosi, troppo simili a quelle dei vignaioli trevigiani e alessandrini promotori di bellezza e panorami, eppure così vicini alla orgogliosa laboriosità bresciana. Storie che vedevo fiorire negli stessi termini in Calabria e in Puglia, in Campania e Sicilia smentendo qualsivoglia idea di contrapposizione nord-sud. Resta una rottura nel Paese: è forte tra chi aspetta restando nella propria comfort zone e chi innova, confidando nella propria visione proattiva di futuro.
La goccia che accese in me la convinzione che da tempo mi ero imbattuto in un nuovo mondo, una nuova economia più a misura d’uomo, coesiva, che meritasse più ascolto, me la diede con sicura quanto serena affermazione l’ex presidente del Gruppo Piccola Industria di Confindustria Marche Diego Mingarelli e Ceo di Diasen: la piccola impresa italiana, quella che costituisce il nerbo produttivo del Paese è fortemente internazionalizzata, di certo più del doppio di quella francese e tedesca. “E, cari amici, vi assicuro che se puntate a innovare i vostri processi, i vostri prodotti nel segno della sostenibilità ambientale, sociale ed economica sarete più competitivi e avrete successo perché è quello che nel mondo si aspettano da noi italiani”.
Le parole di Diego mi colpirono molto: facevano l’eco a quelle che aveva pronunciato Ermete Realacci quando, pochi giorni prima, presentando un rapporto su coesione, competitività, sostenibilità aveva spiegato, dati alla mano, che “l’Italia che fa l’Italia” sviluppa un modello di imprese di successo che portano beneficio pure al territorio tanto che si possono definire coesive. Più Diego parlava, più ricordavo dati e concetti spiegati da Symbola ma pure mi venivano in mente i casi delle famiglie del vino che esportano pure il 90% di prodotto… famiglie! La credibilità di Diego si attesta non con slogan e discorsi ma nel modello di business aziendale che ricerca materiali innovativi per usi nuovi: occorre dunque studiare e consolidare le giuste intuizioni degli imprenditori come lui.
Occorre continuare ad ascoltare le storie di aziende e professionisti di successo per incoraggiarsi a raccontare fuori d’Italia questo modello. Esiste il modello italiano di eccellenza e sostenibilità unico al mondo da conoscere e valorizzare con consapevolezza e responsabilità, con determinazione e partecipazione. Non può essere il modello della grande dimensione o del “conformismo muscolare in salsa lombarda”. Mi spiego. Se esiste un modello diffuso di eccellenza che viene dalla nostra cultura millenaria di poveri in materie prime ma creativi, capaci di fare cose belle (che piacciono al mondo, all’ombra dei campanili… per dirla con Cipolla), è pur vero che più di qualcuno, specie in Lombardia, sa anche competere molto bene sui mercati globali in nome della finanza con una proiezione muscolare sul territorio in nome del fatturato e del profitto. Ma può bastare?
La finanza può determinare importanti margini ma la capacità produttiva, la salvaguardia di competenze e la trasmissione dei saperi, la ricaduta positiva sul territorio, lo sviluppo integrale della persona umana sono scevri dai numeri e dalla freddezza del calcolo. Occorre partecipazione, condivisione, consapevolezza che puoi ritrovare in modo più originale a Brescia che non a Milano. Lo voglio dire fuori dai denti. In “periferie” diventate “centro” grazie a internet e alla interazione orizzontale dei saperi e delle generazioni, la sfida non è gareggiare con Milano che compete (e vince, speriamo sempre) la sfida tra le grandi città europee e mondiali come modello di città del futuro che coniuga qualità della vita, servizi e lavoro.
Il tema è affermare la propria identità, alimentare una speranza di futuro e favorire l’incontro tra talenti e opportunità. Sono le premesse della crescita sostenibile per l’ecosistema che si vuole sviluppare. Una visione che ho ritrovato anche in associazioni come ACEPER che vale moltissimo perché è condivisa da imprese costitutive e aderenti, metafora, carne viva di quella partecipazione che è fattore proprio di sviluppo, non una semplice causale. Partecipare vuol dire rielaborare, magari fare propria, quella che può essere una semplice acquisizione di conoscenza e trasformarla in creazione del valore.
È quanto si propone ACEPER facendo un lavoro importante al centro tra un sindaco illuminato, un parroco attento e degli imprenditori capaci e orgogliosi del proprio territorio… Un lavoro nel segno dell’innovazione, delle energie rinnovabili che mette insieme produttori e consumatori, dunque l’intera filiera che non solo chiede futuro ma offre un contributo a costruirne uno migliore e comune. Un’opera meritoria che, raccontata prima nelle università italiane, ha trovato la sede naturale nel Premio Eccellenza Italiana a Washington DC nella splendida cornice dell’Intercultural Center della Georgetown University che ha ospitato la decima edizione.
I PREMIATI
- Eugenio Zuccarelli, Data Science Manager di CVS Health (New York).
- Ileana Pirozzi, ricercatrice Stanford University (California).
- Giuseppe Torri, fisico Università delle Hawaii (USA).
- Diego Ciaramella e Corrado Rizza, Musica & Life Style (Miami).
- Marra Forni, Pizza University della Famiglia Marra dal Maryland e Washington DC.
- Francesco Secchiaroli, VP Poltrona Frau USA (è stato già Presidente del Cambridge Investment Fund).
- Pasquale Nesticò, Presidente Filitalia Foundation (Philadelphia).
- Antonio Giordano, presidente Sbarro Institute (Philadelphia).
- Joe Tacopina, avvocato NYC (USA).
- Rosy Trovato, Meccanotecnica Riesi srl (Boston).
- Veronica Pitea, presidente di ACEPER (Italia).
- Roberto Masiero, Presidente di Renaissance Evolution (Washington DC).
- Fondazione Symbola, ritira Manuela Rafaiani (Roma).
- Antonio Giacomini, presidente Innovaway spa (Napoli Milano Italia).
- Fabio De Furia, presidente Miami Scientific Italian Community.
- Agostino Fiasche, Tempesta Salumi (Chicago).
- Atelier Fragranze, Milano (Italia).
- Ezio Bonanni, avvocato, presidente Osservatorio Nazionale Amianto (Roma).
- Fabrizio W. Luciolli, professore, presidente del Comitato Atlantico Italiano.
Tratto dalla rivista Green Company Magazine (volume 12) – vedi anche tutti i numeri della rivista